La Brexit si sta rivelando un’operazione sempre più complessa per il Regno Unito, con ripercussioni su tutti i fronti. Secondo l’ultimo documento rilasciato dal governo britannico, i prezzi dei prodotti alimentari potrebbero aumentare se la Gran Bretagna lasciasse l’UE il 29 marzo senza aver ottenuto un accordo commerciale.
Il Regno Unito importa circa il 30% dei generi alimentari dall’Europa: di conseguenza, il flusso di merci che passerà per il porto di Dover potrebbe ridursi in maniera sostanziale per diversi mesi. Secondo il documento, sarebbe proprio l’approvvigionamento di frutta e verdura fresca a risentire particolarmente delle tempistiche necessarie per sviluppare un accordo con gli altri stati membri. Il timore di un eccessivo aumento dei prezzi, inoltre, potrebbe spingere la popolazione ad acquistare grosse quantità di cibo in anticipo, in modo da accumularne il più possibile. Questo tentativo di correre ai ripari, se portato all’estremo, potrebbe generare delle carenze alimentari nell’intero paese.
Brexit: le trattative in corso
Il governo sostiene che, nel caso in cui si concretizzasse l’ipotesi del no deal, l’economia britannica potrebbe registrare un calo di circa il 9%: la regione più in difficoltà sarebbe l’Irlanda del Nord, che già si trova in una situazione complicata. Per far fronte all’eventuale crisi, sono stati sanciti 40 accordi commerciali internazionali, che dovranno essere approvati da tutti i paesi coinvolti nelle trattative. Al momento, solo sei nazioni, tra cui le Le Isole Faroe e l’Autorità palestinese, hanno già proceduto con la firma dei trattati.
La risposta dell’Europa, invece, si fa più severa. In caso di mancato accordo, infatti, l’Unione tratterebbe il Regno Unito alla stregua di un qualsiasi paese terzo, e potrebbe quindi imporre dazi del 70% sulle esportazioni di carni bovine e del 45% sulle carni ovine.
I rischi per il Regno Unito
Il governo britannico non nasconde la sua preoccupazione, soprattutto riguardo l’Irlanda del Nord. Il settore agroalimentare rappresenta una componente essenziale dell’economia di questa regione e si concentra prevalentemente in zone di confine e rurali. Di conseguenza, è particolarmente vulnerabile in quanto dipende dalle catene di approvvigionamento transfrontaliere nella fase di produzione e di consegna dei prodotti finiti. In altre parole, l’aumento dei costi avrebbe ripercussioni negative sulle imprese locali e, sommandosi al poco tempo disponibile per attuare delle strategie di prevenzione, potrebbe portare al fallimento di un intero settore.
La situazione sembra meno drastica sull’isola britannica – anche se sembra ci sia ancora poca consapevolezza di ciò che potrebbe accadere all’economia del paese. Il governo, infatti, ha sottolineato la mancanza di preparazione delle imprese britanniche che commerciano esclusivamente con l’UE. Solo 40.000 delle 240.000 imprese coinvolte hanno richiesto un numero EORI, un documento di cui avranno bisogno per continuare a operare dopo Brexit.