Oggi parliamo di un condimento, un alimento, un nettare che si trova ben riposto in tutte le cucine italiane: l’olio extravergine di oliva italiano. Si tratta di un prodotto dalle proprietà organolettiche incredibili, senza contare il valore benefico per il nostro organismo. Ogni esperto di nutrizione ne raccomanda l’uso in cucina, per chi è a dieta e per chi si trova a convivere con problemi di colesterolo. È un prodotto versatile e utilizzabile sia crudo che cotto per impreziosire e amalgamare tutti i sapori, vegetali e non. Oggi ti parleremo delle curiosità dell’olio extravergine di oliva italiano che non tutti conoscono e che ti faranno apprezzare ancora di più il suo utilizzo in cucina. Oggi ci concentreremo sul suo valore economico e sull’importanza che ricopre per la produzione agricola nostrana a partire dalle sue lontanissime origini.
L’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, meglio noto come ISMEA, ha analizzato il mercato dell’olio extravergine d’oliva italiano e la relativa produzione. Sembra che a partire dal 2018 il Belpaese abbia assistito ad un dimezzamento della produzione che è passata da quasi cinquecentomila tonnellate nel 2017 a meno di duecentomila nel 2018. Si tratta del peggior risultato dal degli ultimi dodici anni assieme al 2016. A questa flessione, tuttavia, si è accompagnata l’impennata dei prezzi e l’aumento di domanda provocando una crisi nel settore a cui le aziende agricole devono far fronte. L’Italia, quindi, è scesa al terzo posto della classifica dei maggiori Paesi produttori e, quindi, esportatori nel mondo. Se volessimo interpretare questo dato con occhi critici potremmo considerare che la produzione nostrana non abbia voluto cedere il passo alle produzioni industriali intensive, difendendo e mantenendo le tecniche tradizionali per rispondere ad una domanda sempre più esigente.
Nonostante il pregio della produzione ed il valore apprezzato e riconosciuto a livello internazionale gli oli italiani rischiano di finire ai margini delle esportazioni europee per via di sopraggiunti competitor che hanno raddoppiato le proprie produzioni. Stiamo parlando di Spagna, Grecia e Portogallo, tre realtà storicamente note per le loro rispettive produzioni ma che hanno saputo superare gli ostacoli dell’export meglio delle realtà locali. Se è vero che la crisi non aiuta e che la commercializzazione dell’olio low cost abbia eroso enormi quote di mercato, è vero anche che la
produzione italiana non è mai stata in crisi dal punto di vista della sua qualità considerata la migliore al mondo. Quindi le nostre aziende agricole hanno saputo mantenere intatte le procedure di produzione artigianali senza mai “peggiorare” in favore della commercializzazione. Tutto ciò si è tradotto in un’arma a doppio taglio che rischia di mettere in crisi il settore. La radicalizzazione territoriale delle aziende agricole produttrici sicuramente alimenta il turismo enogastronomico ma attrae più all’esterno che all’interno. Cosa possiamo fare per mantenere alti gli standard qualitativi del nostro olio nel mondo? Sicuramente conviene acquistare olio artigianale a filiera corta, prediligendo il gusto piccante e amarognolo quale garanzia di indiscussa qualità.