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Negli ultimi anni sempre più persone stanno scegliendo di avvicinarsi a una dieta plant-based. Anche in Italia il fenomeno sta crescendo notevolmente, nei supermercati è sempre più facile trovare linee dedicate al mondo vegetariano e vegano, e i risultati si vedono anche nel carrello della spesa. L’Unione Italiana Food ha evidenziato un aumento del 8% nei volumi di vendita dei prodotti plant based nel 2022 rispetto all’anno precedente. Ben 22 milioni di italiani hanno deciso di avvicinarsi a questo mondo acquistando bevande vegetali, dolci senza latte, burger di legumi e verdure. Ma come nasce il termine plant-based, cosa significa e perché questo regime alimentare è così apprezzato dalle nuove generazioni?
Molto spesso le persone pensano che dieta plant-based, vegana e vegetariana siano la stessa cosa. In realtà non cambia solo quello che si sceglie di mettere in tavola, ad esempio i vegetariani accettano di mangiare uova e latte e i vegani no, ma cambia il perché si sceglie un cibo rispetto ad un altro.
Il primo a utilizzare il termine plant based è stato Thomas Colin Campbell, un biochimico dell’Università del Cornell. Nel 1980 nelle sue ricerche iniziò a parlare di una dieta vegetale che poneva l’attenzione non sull’etica o sulla protezione degli animali, ma sulla salute delle persone. Secondo i suoi studi chi seguiva una dieta plant-based aveva una minore probabilità di contrarre certe malattie e alcuni tipi di cancro.
Quello che differenzia maggiormente una dieta plant-based da una dieta vegana e vegetariana è la flessibilità. Chi decide di avvicinarsi a questo tipo di regime alimentare non esclude di mangiare ogni tanto una bistecca o un filetto di pesce, ma il suo obiettivo è di mettere in tavola nella maggior parte dei pasti verdura, frutta e legumi.
Un’altra caratteristica della dieta plant based è quella di pensare alla sostenibilità nelle scelte alimentari dunque, preferire frutta e verdura di stagione, possibilmente bio e magari a km 0 o a filiera corta.
Uno degli svantaggi della dieta plant-based è che per creare menù non monotoni e trovare spuntini adatti spesso sono necessari lunghi tempi di preparazione. Il mercato ha colto questa difficoltà creando linee di prodotti gustosi, sani e soprattutto 100% vegetali. Burger, gelati, dessert, salse e molto altro oggi sono disponibili nelle maggiori catene di supermercati e molto spesso a prezzi davvero vantaggiosi, basta dare un’occhiata al volantino eurospin, per esempio, per capire quanto questa tendenza sia diffusa.
La dieta plant-based non fa bene solo al corpo, ma anche all’ambiente. I prodotti di origine animale immettono nell’atmosfera molta più CO2 , necessitano di molte più risorse idriche, sono più inquinanti e apportano maggiori cambiamenti al territorio, compresa la deforestazione. Secondo una ricerca promossa dal WWF, passando a un’alimentazione vegetariana l’impronta di un cittadino svizzero si riduce del 24 per cento, per la scelta vegana arriviamo al 40%.
E, proprio perché questo tipo di dieta guarda alla sostenibilità ambientale, sta diventando molto apprezzata dalla generazione Z, i nativi digitali, nati tra il 1995 e il 2010. I ragazzi e le ragazze di questa età sentono di dover agire in prima persona per affrontare l’emergenza ambientale che è in atto e si dimostrano davvero preoccupati nei confronti del futuro.
Cosa ci possiamo aspettare nei prossimi anni? E’ molto probabile che sempre più famiglie decideranno di modificare le proprie abitudini a tavola, magari abbandonando o modificando i piatti della tradizione, e apprezzando sempre di più prodotti che guardano al futuro, alla sostenibilità e che fanno anche bene alla salute.