È tempo di bilanci per il Gruppo Campari, nota azienda italiana leader mondiale nel settore alimentare per la produzione di bevande alcoliche e analcoliche.
Il Consiglio di Amministrazione di Davide Campari-Milano S.p.A. approva il progetto di bilancio per il 2018.
Il 2018 si chiude con un utile netto rettificato di 249,3 milioni di euro (+6,8%). Le vendite si sono attestate a 1,711 miliardi di euro, con una crescita del +5,3% in particolar modo grazie ai principali brand del Gruppo a livello globale ( Aperol, Campari, Wild Turkey, American Honey, Grand Marnier), l’ebitda rettificato è pari a 432,6 milioni (-1,1%) e l’ebit rettificato a 378,8 milioni (-0,4%).
Nel panorama italiano, il Gruppo registra il 20,8% delle vendite totali e una significativa crescita del +3,6%, trainata sopratutto da Aperol e Campari, Braulio, Espòlon e SKYY; trend meno favorevoli, invece, si ritrovano nelle vendite di Crodino, Campari Soda e Cinzano sparkling wine.
Il CEO Bob Kunze-Concewitz si ritiene soddisfatto della performance appena realizzata in termini di crescita organica, grazie alle strategie attuate negli ultimi anni.
Emerge, infatti, che il gruppo Campari abbia conseguito un aumento significativo del margine lordo pari a +680 punti base solo negli ultimi anni. Per il 2019, il CEO prevede che la situazione favorevole in cui attualmente si trova il Gruppo non possa fare altro che proseguire, senza perder d’occhio le sfide da fronteggiare, derivanti sopratutto dall’aumento del prezzo d’acquisto dell’agave.
In un contesto caratterizzato da incertezze e difficoltà economiche, si prospetta di prendere delle decisioni bilanciate in termini di rischi e opportunità.
“Nonostante ciò, rimaniamo fiduciosi circa il conseguimento di una performance positiva nel 2019 per i principali indicatori organici”, conclude Bob Kunze-Concewitz.
In una nota, inoltre, sottolinea che le previsioni di quest’anno in termini di utile netto si attestano intorno a 14 milioni di euro, supposizione positiva dovuta in particolare a risparmi fiscali del regime “Patent box”, un decreto italiano che prevede la tassazione per i redditi derivanti dall’utilizzo di opere d’ingegno, come per esempio software protetti da copyright, brevetti, disegni e modelli), ovvero processi, formule e informazioni acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico.
L’importo previsto è in linea con quello del 2018, pari a circa 26 milioni, che compenserà il costo per il completamento di progetti di riorganizzazione pari a circa 16 milioni di euro.